NON È UN PAESE PER ROCKER: il romanzo di Giorgia Sbuelz sul rock e la “Generazione X”

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La chiamano la “Generazione invisibile” un esercito di silenti e resilienti nati fra il 1965 e il 1980. Questa è la generazione a cui appartiene l’autrice di “Non è un Paese per Rocker”, edito da Resalio Produzioni , e la stessa della storia qui narrata. Caratteristica predominante della Generazione X, che poi ne rappresenta anche la condanna, è quella di esser costretti a fare da cuscinetto alle altre due, quella dei Millennials e Baby Boomers, che invece di voce in capitolo ne hanno e ne hanno avuta tanta. Gente che ha parlato poco, ma che ha ascoltato parecchio, non a caso questi sono stati gli anni più produttivi e floridi per la musica e l’industria discografica. Magra consolazione? La risposta a questa domanda è contenuta tutta nella trama di “Non è un paese per Rocker”, che narra le vicende di cinque ragazzi degli anni ‘90 cresciuti a pane e rock’ n roll.

Ne parliamo con l’autrice Giorgia Sbuelz, appassionata di rock ed esponente della generazione suddetta.  Ciao Giorgia, è passato più di un anno dalla pubblicazione del tuo romanzo. Ricordaci in breve la trama:

Ciao Serena, certamente. Non è un paese per rocker si svolge nel 1995, a Roma, dove quattro ragazzi e una ragazza sognano di sfondare nel mondo del rock. Ad un passo da un’importante firma su un contratto discografico, uno dei ragazzi scompare misteriosamente e da quel momento in poi la vita dei ragazzi viene ribaltata. Le vicende che seguiranno porteranno i giovani a fare i conti con l’amara realtà dell’epoca, dove i sogni vengono spacciati come la droga, e le fragilità soffocate sotto la patina del mito del successo. Ma… non vi svelo oltre.

Non è un Paese per Rocker

Non è un Paese per Rocker

Hai avuto il tempo di raccogliere dei feedback, come è stato accolto il romanzo dalla tua generazione?

Bene! Direi che si sono sentiti degnamente rappresentati! Mi hanno scritto in parecchi e ho avuto modo di discuterne accuratamente anche con gli addetti del settore, intendo musicisti professionisti o semplici amatori. Credo di aver reso a dovere le atmosfere e sentimenti di chi ha vissuto sul serio il periodo, con la nascita e il declino delle grandi band, la moda, i locali e il lessico. Un mondo diverso che fa affidamento sui ricordi, vista l’assenza degli smarphone e di internet. Così nel tempo si è creata un’aurea quasi mitologica di quegli anni, ma chi c’era rammenterà senz’altro quanto fosse difficile rimanere a galla, e i miei cinque protagonisti ne sono la testimonianza.

Meglio prima o adesso?

Non sono una di quelle persone che vive nel passato, trovo che il presente sia molto comodo con il web, dove tutto è a portata di clic e parlare con un amico in Asia non costa nulla. Non solo. Negli anni ’90, e per tutti i primi anni 2000, il fenomeno del bullismo, per dirne una, era tollerato e faceva parte del costume di molti studenti, non c’era spazio per la denuncia e le vittime soffrivano in silenzio, pena la derisione. L’omosessualità era vissuta in segretezza e la donna era costantemente oggettificata dai media, lavorativamente non aveva chance di leadership e subiva tacitamente le molestie sessuali. Tutto ciò con l’implicita approvazione della società. Quindi direi che siamo migliorati, e parecchio. Anche se ci sono tre cose che non cambierei mai e che sono caratteristiche di quella specifica fetta di tempo di cui ho scritto.

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Adesso siamo curiosi di sapere quali sono….

Punto primo, i libri: i ragazzi di adesso leggono di meno e hanno difficoltà di concentrazione, attirati come falene dalla luce dei dispositivi elettronici, sempre più veloci, sempre più basilari, sempre meno narranti. Può un hashtag sostituire un concetto? Secondo punto: l’amore vs app. Ho avuto la fortuna di essere corteggiata dal vivo. C’era qualcuno che scriveva per me poesie, che mi dedicava quadri, libri o una canzone.  Persone incontrate a feste, presentate da amici, conosciute in un locale o in un viaggio. A questi ragazzi cosa resta se non un misero match su un’app?  Per carità. Sono una romantica nel senso appassionato del termine, per questo nel mio romanzo si parla anche e soprattutto d’amore. Punto tre: il rock, cazzo, il rock. Guns N’ Roses, Nirvana, Soundgarden, Pearl Jam… continuo?

No, no… sei stata fin troppo eloquente! Che messaggio lanceresti alla Generazione X, quale ai Baby Boomers e quale ai Millennials?

Leggete, leggete e leggete. Anzi, visto che ci sono dentro, leggiamo, leggiamo, leggiamo. Curiamo la nostra interiorità almeno quanto curiamo i nostri profili social, e in questo senso i libri sono fondamentali. Io preferisco quelli che narrano una buona storia, ma compro volentieri anche saggi e graphic novel. E i classici, per forza, bisogna partire da lì.

Non è un paese per rocker

Non è un paese per rocker

“La sola analisi demografica mostra come quella «X» sia una generazione se non proprio schiacciata, quantomeno cresciuta all’ombra dei baby boomers la quale, essendo numericamente più consistente, ha finito per imporre – grazie anche a un significativo aumento della longevità – la propria visione del mondo e la propria centralità negli assetti di potere. La generazione X, insomma, sarebbe una generazione per certi versi ‘invisibile’, priva di un’identità sociale e culturale definita e costantemente esposta al rischio di subalternità rispetto alla precedente.” 

Quanto ti ritrovi nella riflessione degli studiosi Cassina, Filippini e Lazzarich in merito alla tua generazione?

È una descrizione cruda ma realistica, anche se non tiene conto delle note di colore tutte tipiche della generazione. Sicuramente abbiamo pagato lo scotto della precarietà lavorativa e delle paghe da miseria, ma nascere in una fascia storica così critica ha per giocoforza messo in luce le nostre caratteristiche di adattabilità e di ascolto. Siamo stati in un certo senso gli interpreti-traduttori fra due mondi: quello analogico e quello digitale. Quindi siamo stati per entrambe le generazioni una sorta di cavalieri Jedi (non a caso) della tecnologia, abbiamo addestrato chi è venuto prima e chi è venuto dopo. Abbiamo cominciato col Commodore 64 e siamo finiti con le intelligenze artificiali GTP-3. E nonostante tutto siamo ancora attaccati alla bellezza di un libro cartaceo.

A proposito , dove possiamo trovare il tuo?

Nei prossimi mesi sarà di nuovo presentato a Roma, poi cercherò di organizzare una piccola tournée. Nel frattempo si può trovare qui,  sul sito della Casa Editrice Resalio:

https://www.resalioproduzioni.com/product-page/non-%C3%A8-un-paese-per-rocker

e su Amazon per la  sempre gradita versione ebook, perché siamo Generazione X, mica alieni!

https://www.amazon.it/Non-paese-rocker-Giorgia-Sbuelz-ebook/dp/B099NL9DZX

 

Sono certa che questa intervista non mancherà di aprire altri spunti di dibattito, nel frattempo auguriamo a Giorgia un caloroso In bocca al Lupo per il suo libro.

di: Serena Stella Petrone

Immagini di Giorgia Sbuelz: Marta Coratella photographer

 

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