
“Diamante” è un minerale noto per la sua lucentezza, ma è anche il nome di una donna e il titolo del romanzo di Elisabetta Mastrocola che si ha il piacere di leggere davvero in qualche ora, edizioni LFA Publisher.
“I diamanti in apparenza non cambiano mai. In realtà le pietre immobili nella loro impercettibile variazione, calcano secoli e millenni, con l’incedere sicuro di una tabella di marcia cosmica, per trasformarsi e affinarsi nella loro bellezza austera e silenziosa; lo stesso accade alle persone che mutano lievi ed imperscrutabili”.
Diamante è figlia di un incastonatore di pietre, fin da bambina aveva avuto con le gemme un particolare tipo di legame che gliele faceva sentire vive e crepitanti, perciò una volta adulta decide di assecondare questa naturale inclinazione divenendo una buyer di diamanti per una grande casa di gioielli romana.
Il rapporto con sua madre, un’assistente sociale perennemente indaffarata e combattiva, è freddo e talvolta conflittuale, suo complice e maggiore sostenitore è invece Jacopo, il figlio dei vicini di casa col quale cresce condividendo affetto e confidenze.
I due restano amici negli anni, anche a dispetto degli impegni con le rispettive nuove famiglie e delle distanza geografica, uno a Firenze, l’altra a Roma. Una telefonata inaspettata da parte di Jacopo porta i due a ricongiungersi di nuovo per un’insolita richiesta d’aiuto. Entrambi figli unici ed entrambi rimasti orfani, si ritrovano a scavare nel passato a cercando di portare a galla un segreto di famiglia che li trasformerà, catapultandoli in un viaggio interiore alla ricerca delle proprie radici.
Il diamante, pietra così multisfaccettata, diviene metafora di un iter di ricongiunzione delle parti che abitano il proprio “sé” e che vengono restituite in una unità lucente una volta rielaborate. Tale rielaborazione passa per la comprensione delle figure familiari e la loro ricollocazione in un quadro più ampio legato alle generazioni.
“E se gli avi lontani, per uno strano ribaltamento del tempo, di cui non si ha conoscenza e memoria, tornassero davvero fra noi? Si possederebbe la garbata disponibilità per traghettarli dal passato al presente con amorevolezza e rispetto? Si sarebbe capaci di creare uno spazio di premurosa condivisione dove tenersi per mando, consapevoli che il testimone, passando dagli uni agli altri, è destinato a tornare di nuovo, in qualsiasi forma dall’ultimo al primo?”
La scrittura di Elisabetta Mastrocola scivola veloce e facilmente, con uno stile elegante ed evocativo, permeato di piccole riflessioni sull’esistenza e sulle relazioni umane, rappresentate come le inclusioni in una pietra. C’è un pensiero di fondo che guida per tutto il libro fino alla pagina finale, ed è quello legato all’introspezione, alle domande salienti sul senso della vita, che l’autrice traduce con garbo e leggerezza. E’ uno scrivere felice quello della Mastrocola, che elabora immagini interiori con una sintassi puntuale, semplice e immediata.
Un romanzo piacevolmente intimo, che porterà il lettore a porsi alcune domande e a chiudere il libro con delle risposte tanto sulle gemme, quanto sulle persone.
Intervistiamo l’autrice Elisabetta Mastrocola, non solo scrittrice, ma anche giornalista, blogger e volontaria dell’Associazione “Piccoli Maestri”, che porta scrittori nelle scuole per promuovere la lettura tra bambini e adolescenti. Elisabetta organizza e insegna anche scrittura creativa, per Le Brumaie Edizioni ha pubblicato il manuale “Scrivere fa bene” – scrittura creativa per un percorso di consapevolezza.
– Salve Elisabetta, ti ringraziamo per la disponibilità. Vuoi raccontarci brevemente quando e perché hai cominciato ad occuparti dell’insegnamento della scrittura creativa?
Ho iniziato nei primi anni Novanta. All’epoca, in Italia eravamo in pochi a occuparci di scrittura creativa. Scrivevo per NEXT, ENERGIE, IL POTERE DELLE PAROLE e le prime riviste online, ma per me la scrittura era una realtà interiore e quotidiana che mi rendeva più creativa e consapevole, e diventava uno spazio di libertà assoluta. Mi venne naturale pensare di organizzare dei laboratori per condividere questa esperienza.
– Scrivere fa bene, un titolo che è già una promessa. Puoi raccontare quanto abbia fatto bene a te stessa l’arte della scrittura creativa?
Posso dire che è sempre stata una compagna di viaggio, una guida che mi portava alla scoperta di me stessa perché faceva emergere ciò che solo con la riflessione e una qualità del tempo privo di pressioni e interferenze, che sono qualità proprie della scrittura, riuscivo a confrontarmi con le motivazioni alla radice dei miei pensieri. E questo mi ha fatto decisamente bene.
– Secondo te, la scrittura può essere una terapia?
È più di una terapia. La terapia è una cura e la cura è un trattamento per affrontare un disagio più o meno importante. La scrittura è uno strumento di conoscenza, certamente utile come terapia, ma utile anche a chi è perfettamente felice e in perfetta forma, perché tutti abbiamo il bisogno impellente di conoscere di più, vivere di più, sentirci di esistere di più.
– Molto interessante questo passaggio del libro:
“Sfatiamo il mito: lo scrittore non scrive mai per gli altri e non scrive per sé.
Scrive a se stesso. Si racconta la storia che ha bisogno di ascoltare. Si spiega le cose che ha bisogno di capire e, facendolo, lo spiega anche agli altri. Più come riflesso che come intenzione precisa”
Come ci si accorge di un testo scritto per sé o per gli altri?
In un testo scritto per sé, a scrittura terminata, possiamo vedere quanto il senso delle parole che abbiamo scritto, ci ha portato oltre il confine di quello che sapevamo o avevamo capito. Nel testo scritto per gli altri si ha la necessità di essere chiari e precisi affinché il sentire dell’altro ci ascolti. La differenza si capisce semplicemente pensando: a chi è utile quello che scrivo? Certo le cose possono coincidere.
– Ad esperienza tua, come si supera il blocco dello scrittore?
Ascoltandosi. Dietro al blocco c’è un altro bisogno che non vogliamo vedere e quindi allontaniamo. Può trattarsi di qualsiasi cosa, anche banalissima. Permettiamole di manifestarsi, ascoltiamola, scriviamola. E poi, potremo tornare al nostro obiettivo di scrittura.
– Cosa ne pensi dell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nella scrittura?
È un argomento interessante. Prima però è importante chiarire la definizione. L’IA è un sistema di statistica, non è intelligenza. È un enorme serbatoio che contiene tutte le conoscenze e le elaborazioni dati immesse in rete, quindi è un’enciclopedia universale, che con grande celerità assembla in N modalità e combinazioni, ma è importante sottolinearlo, che non ha la capacità di distinguere il vero dal falso. Sono una persona libertaria e ritengo ogni persona libera di utilizzare il mezzo che vuole per scrivere, ma per me la scrittura è prima di tutto appagamento e piacere. È vita. Non ho bisogno di qualcuno che viva per me. Sono io che voglio vivere.
– A chi è rivolto “Scrivere fa bene”?
“Scrivere fa bene” è rivolto a chi ha rinunciato. A chi ha rinunciato a scrivere perché pensa di non avere tempo, a chi non ha potuto studiare, a chi vive in un contesto che non glielo permette, a chi pensa di non essere all’altezza, ma soprattutto a chi ha rinunciato a sé stesso, perché con la scrittura può riconquistarsi.
Ringraziamo Elisabetta Mastrocola per la sua gentilezza e il suo estro che generosamente dona ai lettori agli appassionati di libri e scrittura.
Giorgia Sbuelz